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Space opera

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Informandomi un po’ sui titoli che più assomigliano alla mia adorata “Guida galattica per autostoppisti”, un titolo che è saltato fuori piuttosto spesso è “Space opera” di Catherynne M. Valente. Non potevo esimermi dal dargli una possibilità. Per ottenerlo ho dovuto persino prenotarlo con un paio di settimane di anticipo, ma alla fine è arrivato piuttosto in fretta. Nello stesso periodo ero ancora alle prese con The Atrocity Archives, quindi ho dovuto rimandare di parecchio la sua lettura. Lettura che, in compenso, è stata piuttosto veloce, complice il poco tempo a disposizione prima del mio ritorno in Italia, la brevità del libro e la sua scrittura piuttosto scorrevole.


Trama

Tutti gli abitanti della Terra vengono informati di un imminente concorso canoro intergalattico, a cui sono costretti a partecipare. Infatti, essendo appena stati scoperti dal gruppo di società aliene, questa è l’unica possibilità dell’umanità per dimostrare di essere una specie senziente, ottenendo così il diritto di non essere distrutti. A patto di non arrivare ultimi, ovviamente.
La band che rappresenterà la Terra sul palco intergalattico è la Decibel Jones and the Absolute Zeros, su suggerimento degli alieni, dato che tutte le altre proposte erano già morte da tempo.
Così, nonostante la mancanza di Mira, la batterista originale morta in un incidente stradale, Decibel e Oort, i due membri rimasti, si imbarcano sulla nave aliena che li porterà al concorso.
La prima serata sul pianeta alieno si rivela ancora più pericolosa, dato che sabotaggi e persino assassini sono concessi e persino incentivati per eliminare la concorrenza preventivamente. Tuttavia i due riescono a salvare la pellaccia e presentarsi sul palco, dove, grazie all’aiuto di un panda rosso alieno che li ha presi a simpatia, riescono a fare una performance rispettabile e salvare la loro specie dall’estinzione.


Considerazioni

Nonostante la storia non mi abbia convinto del tutto, devo ammettere che la scrittura di Catherynne è davvero molto piacevole.
Parto subito con il dire che l’ispirazione alla “Guida” è piuttosto evidente, ma non mi ha dato esattamente la stessa impressione. Probabilmente la decisione di leggere il tutto nella lingua originale, in inglese, ha influito parecchio. Pur ritenendomi piuttosto fluente, mi sono presto reso conto che il livello di giochi di parole, riferimenti e generali virtuosismi linguistici era troppo alto per me. Allo stesso tempo, però, temo che nella traduzione molti di questi aspetti vengano inevitabilmente alterati, se non persi del tutto, inficiando la visione originale dell’autore. Motivo per cui penso di continuare a leggere libri in lingua originale, quando possibile.
A prescindere da ciò, forse per la durata più esigua, forse per il forte spirito britannico che permea l’opera, forse per le irraggiungibili aspettative che mi ero creato, la storia non mi ha convinto del tutto. Non posso ovviamente che premiare la creatività della scrittrice, che è stata in grado di creare un universo popolato da tante specie diverse e uniche, ma forse proprio per il numero così elevato mi sembra che non ci sia mai soffermati abbastanza su nessuna di essere, al di là di una serie di descrizioni e l’impressione di avere a che fare con le solite civiltà potentissime e avanzatissime che però diventano così distanti dalla nostra realtà da sembrare inoffensive e quasi stupide, anche se ovviamente l’intento è quello di sottolineare l’impotenza e insignificanza dell’umanità di fronte a queste entità. Anche l’umorismo mi ha colpito meno di quanto mi sarei augurato. La critica estremamente ironica sulla nostra realtà con un misto di non-sense e sarcasmo che tanto adoro viene messa in secondo piano dalle descrizioni delle varie creature e diversi flashback e riflessioni sulla vita di uno dei protagonisti, con cui ho avuto difficoltà a relazionarmi.


Frasi