Vai al contenuto

Xenoblade Chronicles 3

Pubblicato:

Io questa recensione non la volevo scrivere. Perché, a dirla tuta, Xenoblade 3 non lo volevo giocare. Però, dopo una buona dose di convincimento da parte di Corrado e alla mia personale voglia di non lasciare una trilogia sospesa dopo il secondo capitolo, mi sono visto costretto a portarlo a termine in lunghe sessioni notturne.

L’inizio si è subito distanziato parecchio dall’ultimo titolo della saga, dandomi l’impressione di essersi nuovamente avvicinato allo stile del primo Xenoblade, arrivando ad un compromesso fra i due stili. Questo è forse la chiave di lettura che ha caratterizzato la mia intera fruizione dell’opera.
Dal mio punto di vista, il gioco cammina in un equilibrio precario fra i toni più seri e realistici del primo e quelli più anime del secondo. La storia parte presentando un conflitto interno, molto struggente, fra i protagonisti, un gruppo di soldati di una delle due fazioni che presenti nel mondo di gioco, e il loro trovarsi costretti ad uccidere i soldati della fazione opposta. Il motivo è presto detto: sin dalla nascita, viene loro inculcata l’idea di questo conflitto perenne fra Agnus e Keves e viene reso chiaro come, per sopravvivere, abbiano bisogno di raccogliere l’energia rilasciata dall’uccisione dei nemici sul campo di battaglia, che viene poi catturata ed utilizzata per alimentare degli enormi robottoni semoventi attorno ai quali si raccolgono le varie colonie, che potremmo paragonare ai reggimenti di un esercito. In questa organizzazione militare non c’è posto per nient’altro che non sia utile al fine della guerra. Non sembrano esserci altri mestieri che soldati, fabbri, mercanti di armi, ingegneri e similari.
Insomma, la premessa è quella di una storia tragica, pesante e drammatica, e l’ho apprezzata parecchio. Se non fosse che, con il passare del tempo, viene sempre più ammorbidita e passa presto in secondo piano, soppiantata dalla necessità di far fuori i cattivi di turno che, con totale sprezzo della vita umana, vogliono usare il conflitto che loro stessi fomentano per i loro scopi, cioè il prolungare la loro stessa esistenza. Si tratta di un aspetto che mi ha fatto storcere non poco il naso. Con l’eccezione di forse uno o due antagonisti, tutti gli altri non fanno altro che ricadere nello stereotipo del villain monodimensionale, che è cattivo perché si, facendo quindi un passo indietro soprattutto rispetto al primo capitolo. Anche i conflitti fra le varie fazioni sembrano risolversi all’acqua di rose fin troppo facilmente, invalidando la premessa interessantissima di un mondo che ha ormai fatto sua la cultura del conflitto costante, che conosce solo quel modo di vivere.
Sebbene la storia, nel suo complesso, non mi abbia convinto parecchio, devo ammettere che i personaggi principali sono tutti parecchio godibili. La loro caratterizzazione è ben approfondita e il tipo di relazioni che instaurano fra di loro è interessante, variegato ed organico. Sono anche fra i pochissimi a reagire ai cambiamenti epocali a cui assistono in maniera credibile, aspetto che forse ha contribuito a mettere in cattiva luce il resto dei personaggi, spesso relegati a stereotipi già visti.

Anche il gameplay sembra ricadere in una dicotomia fra un’esplorazione che è forse fra le più appaganti della serie e un sistema di combattimento che, sebbene possa essere apprezzato dagli appassionati, continua a non piacermi. Ovviamente si tratta di una questione di gusti personalissimi, ma vedere come il modo in cui i nemici vengono sconfitti si riduce a premere gli stessi tasti ad intervalli regolari, senza un vero incentivo per capire cosa stia facendo l’avversario, poter concretamente reagire alle sue mosse, mi ha sempre lasciato con l’amaro in bocca. Ho sfruttato il combattimento automatico ad ogni occasione e persino nei casi in cui ciò non fosse possibile, ovvero contro i boss, il più delle volte non prestavo particolare attenzione allo schermo, limitandomi ad usare le abilità fuori cooldown, senza alcun tipo di strategia, abilità o persino pensiero. Il boss finale in particolare non è stato altro che una cutscene sotto mentite spoglie, con uno scontro durato almeno mezz’ora durante il quale ho guardato lo schermo solo per una frazione del tempo, più che altro per ammirare i dettagli fra un cambio di fase e l’altro.
Alcuni nemici del secondo capitolo richiedevano un approccio più strategico e attento, caratteristiche che non ho ritrovato in questo titolo. Come se non bastasse, il chain attack alla lunga diventa piuttosto ripetitivo e lento, anche a causa della frequenza con cui lo si usa, a cui si aggiunge il notevole demerito di interrompere la musica dello scontro, costringendo il giocatore ad ascoltare la stessa ost fino alla nausea.
L’esplorazione, al contrario, mi è sembrata ancora più strutturata del solito, con un miglioramento in termini di level design, attività che si possono svolgere e segreti che è possibile trovare. Avessi voluto spendere più tempo giocando, lo avrei fatto volentieri nella sezione del mare di Erythia, davvero grande e ricca di isolotti pieni di roba da scoprire.

Qualche nota anche sul comparto tecnico. Tutta il comparto musicale è assolutamente lodevole (esclusa la piccola smagliatura legata al chain attack), e la direzione artistica è sicuramente all’altezza degli altri capitoli e, considerato l’hardware utilizzato, fa miracoli. Tutte le aree sono particolarmente piacevoli da ammirare anche da lontano e i design dei nemici meccanici sempre affascinanti. Le uniche due piccole pecche che ho notato sono legate alla ripetitività delle creature, perlopiù le stesse dei primi due titoli, e un’area finale un po’ meno ispirata rispetto a ciò che mi sarei aspettato.


In breve:

È difficile per me dare un giudizio su questo titolo e sulla trilogia nella sua totalità. Il problema principale è che si tratta di giochi chiaramente non adatti a me. Tre storie piacevoli ma che non sono poi così brillanti, soprattutto negli ultimi due capitoli, dilute da un gameplay che non mi è mai piaciuto particolarmente. Un lavoro senza dubbio artisticamente encomiabile, un world building affascinante e una colonna sonora di alto livello, ma manca sempre quel quid che me lo faccia apprezzare come si deve.
Ecco perché, l’unica raccomandazione che mi sento di fare è quella di dare una possibilità al titolo prima di giudicare se vale la pena investire il proprio tempo giocandolo o piuttosto farsi un’idea di quello che ha da offrire guardando le ore su ore di cutscenes online, opzione che ho personalmente scelto per il DLC.


Pro:

  • ambienti e world building ispirati e caratterizzati
  • colonna sonora di alto livello
  • cast principale davvero ben approfondito
  • tante opzioni di personalizzazione del party
  • un gran numero di missioni secondarie
  • molti segreti da scoprire con l’esplorazione

Contro:

  • combattimento davvero noioso e poco coinvolgente
  • moltissimi mostri fanno la loro apparizione per la terza volta
  • nessuna necessità di approfondire le tante opzioni messe a disposizione del giocatore
  • storia, ed in particolare conclusione, non all’altezza del primo capitolo