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What's the point

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Se conosci inizio e finale, che senso ha vedersi il film?

Qual è il senso della vita dell’universo e tutto quanto?
Se si vuole dare ascolto a Douglas Adams, la risposta è 42, ma immagino che una risposta del genere lasci molte persone un po’ insoddisfatte. Allora quale potrebbe essere una risposta più soddisfacente?

Bè, iniziamo col dire che questa è sicuramente una delle domande che ha polarizzato innumerevoli discussioni filosofiche per chissà quanti millenni, e non ho certo la presunzione di aver trovato una risposta, ma penso sia utile mettere per iscritto qualche pensiero, così da poterlo rivedere, magari con un mindset diverso, in futuro.

Dunque, partiamo dalla fine: ogni vita, per come la conosciamo, si conclude con la morte. Questo apre la via a due possibili scenari: la morte come conclusione, o, come per molte religioni, la morte come nuovo inizio o continuazione.
Nel caso la seconda interpretazione sia corretta, l’intera questione andrebbe rivista in merito a ciò che accade dopo la morte, in quanto la vita potrebbe avere un significato molto chiaro. Ad esempio, potrebbe trattarsi di una prova per assegnare una giusta ricompensa nella vita eterna, o potrebbe essere un breve intermezzo in un ciclo di reincarnazioni che avvicinano sempre di più l’anima al Nirvana.

Per semplicità, e soprattutto per mancanza di fatti su cui basare quelle che al momento sono semplici illazioni, assumiamo che con la morte termini ogni cosa. Allora che senso ha la vita?

Un primo senso potrebbe essere quello biologico: come si può notare facilmente, la vita sembra essere caratterizzata da una ossessione per il suo stesso proseguimento e diffusione. Ciò che non è vivente, si “accontenta” di esistere nel momento, mentre la vita si riproduce attivamente, facendo del proprio meglio per superare qualsiasi ostacolo possa incontrare.
Persino noi umani, che ci riteniamo di gran lunga superiori ad altre creature viventi, siamo soggetti a questo impulso primitivo, e, con qualche riserva, finiamo per ubbidirvi.
Chissà che questo non faccia parte di un piano più ampio, che esista una volontà che ha interesse che la vita, in qualsiasi forma, continui ad esistere, e le nostre singole vite hanno un senso che si realizza semplicemente con il nostro esistere.

Un’altra possibilità riprende un po’ quanto detto prima, e cioè che esista una qualche entità, comunemente identificata come Dio, che ha a cuore la nostra esistenza. Questa interpretazione, a dire la verità, ha un numero di sfaccettature estremamente elevato: di che tipo di entità stiamo parlando? Qual è il suo scopo? Lascerò volontariamente l’argomento un po’ vago, perché altrimenti si entra a pieno nel territorio della religione, e discuterne qui occuperebbe fin troppo spazio.

Sembra un pensiero comunque, fra chi non crede alle possibilità precedenti, che la propria vita ha avuto senso solo se si riesce a fare qualcosa per cui si verrà ricordati in futuro.
Questa visione è molto affascinante, e penso sia basato su un concetto assolutamente comprensibile: già a partire dalla scuola, si vengono a conoscere tanti personaggi storici e il loro contributo al mondo. Il fatto che abbiamo fatto qualcosa di talmente notevole da meritare diverse menzioni in libri scolastici dà una facile giustificazione alla loro esistenza e uno scopo alla loro vita.
Schematizzando, se grazie a tizio X abbiamo Y -> senza tizio X non avremmo avuto Y -> la vita di X ha avuto un senso.

Nonostante quest’ultima prospettiva mi alletta parecchio, al momento mi permetto di indugiare in una prospettiva più egoistica.
In realtà, non esiste un senso della vita nella sua interezza. Nasciamo per caso e senza poter scegliere il luogo e il momento, in condizioni che sono fuori dal nostro controllo, e facciamo del nostro meglio per trovare la felicità. Ed è proprio questo l’unico barlume di senso in questo caos: il nostro scopo è essere felici.
Il problema è che la felicità è un bene estremamente volatile ed effimero. Soprattutto, non può essere ottenuto in maniera permanente, ma va sempre ricercato. Ma questo, paradossalmente, potrebbe essere un bene. Vuol dire, infatti, che continuiamo ad avere un senso e uno scopo fino alla nostra morte. E che non c’è niente di male a prendersi una pausa ogni tanto, prima di continuare la ricerca.
E se il viaggio ha una meta irraggiungibile, tanto vale godersi il tragitto.