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Movimento

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Che sensazione magnifica, quella di muoversi. Ma non mi stavo muovendo, ero fermo, stazionario. Quella era la mia posizione. Così, mentre mi chiedevo se qualcuno avesse colto una citazione, un lampo colse me di sorpresa.
Cosa dire di questo episodio, se non che si concluse con la stessa rapidità di come è iniziato.
Non è l’unica anomalia che faceva breccia nel muro di casa mia. Avevo un bel muro di mattoni, bianco scuro, ma un bel giorno qualcosa si è rotto. Ci tenevo al mio muro, come fosse una staccionata. Ma non si può piangere sul latte versato, né sul passato, che già è passato.
Lo si può fare nel presente però. Ci ho anche provato qualche volta, ma non mi pare di aver ottenuto grandi risultati.

Penso sia tempo di mettersi in moto. Ma non ci sono abituato. Sono fermo, stazionario, da tanto tempo. E allo stesso tempo, un’accelerazione fortissima mi spinge dalle spalle. Difficile dire se sono attratto da un’altra massa o sto semplicemente aumentando la mia velocità nel vuoto più assoluto.
Forse dovrei chiedere ad un passante. Peccato che è davvero difficile passeggiare se non ci si muove.

Chi si ferma è perduto. L’implicazione logica è che mi sono perso. Ma magari non sono il solo.
Se ci siamo persi tutti magari ci ritroviamo. Ma questo non implica movimento.
Ho chiesto consiglio ad un merlo una volta, anche se non so dire che forma avesse, perché non l’ho visto. Mi ha risposto con la voce di mia mamma, ma non l’ho ascoltato.
A pensarci adesso, magari mi sarebbe potuto tornare utile.

Mettere in moto le cose è più difficile che mantenerle in movimento, questo lo so. Ne parlavano anche alla riunione. In realtà non si trattava di un dibattito, perché erano tutti d’accordo. Ma dall’esterno era davvero difficile cogliere questa sottile differenza.
Ammetto che per un po’ ha confuso anche me. Poi una puntura molto poco dolorosa di un’ape mi ha aperto gli occhi, ed ho visto le cose come stavano.
Alla fine, penso ne sia valsa la pena.

Che gusto ci trova la gente a correre di qua e di là? Forse la protezione civile ha la risposta, ma proprio quando pensavo di aver trovato finalmente qualcuno a cui chiederlo, ho rischiato di farmi investire. Non sarebbe davvero ironico, uccidere chi si vuole salvare?
Non tutti sono propensi a cogliere l’ironia che ci viene offerta su un piatto d’argento; è una pietanza con cui io mi abbuffo.

Per discutere serve l’incontro di almeno due persone, ma molti non si trovano ad una distanza adeguata a parlare, e venirsi incontro è fuori questione, o fuori moda. Per cui mi limito a parlare con me stesso, ma anche con nessuno.
Non mi dispiace neanche. Botta e risposta era un’attività che ho anche proposto a chi di dovere, ma l’interpretazione non è stata delle migliori. Troppo olio, poco sale, mi è stato fatto intendere.

Il movimento cambia le cose, non le trovi più dove le avevi lasciate. Le lingue, ad esempio, cambiano in continuazione. Ma la colpa non è nemmeno loro. Se tutti stessero più tranquilli, non dovremmo inventarci parole per ogni cosa.
Non mi pare giusto prendermela con chi non ha colpa. Se ricevi un pandoro a €3, non te la senti di restituirlo. Del resto, anche chi quei soldi te li ha presi non te li vuole tornare.
Perché dovrebbe? L’accordo era chiaro, sei tu che non hai prestato attenzione.
Le cose cambiano dopo gli accordi, ma non lo farebbero con tanta leggerezza se sapessero quello che le aspetta. Gli accordi sono come ancore, ma non sempre si hanno a disposizioni le bottiglie per inaugurare le navi.

Un flusso rappresenta un movimento ed ha una portata, che può essere calcolata conoscendone la formula. Non tutte le formule si applicano. Dipende dal contesto.
Uno spunto può generare un flusso di una portata inimmaginabile, basta seguire la corrente. Ci si può anche lasciare trascinare, facendo il morto.
Che paura però, nel turbinio di movimenti.
La soluzione dei pigri è quella di chiudere i rubinetti. Se il flusso si interrompe, le particelle che prima venivano torturate dagli aguzzini invisibili vengono rilasciate, per appoggiarsi e riposare un po’ prima della nuova tempesta.
In questa calma ingannevole ed eterna come l’intervallo fra il sonno e la veglia, si respira quella tanto ambita ma mai raggiunta stasi.