Silksong è senza dubbio un unicum nella mia esperienza videoludica.
Seguito del mio titolo preferito di sempre, Hollow Knight, il suo annuncio nel 2019 aveva immediatamente fatto rizzare le orecchie di tutti gli appassionati, me incluso, il cui numero non ha fatto altro che aumentare nel corso degli anni, venendo scoperto ed elogiato da chiunque abbia avuto la fortuna di giocarci.
Andando contro quella che sarebbe stato il desiderio di pancia di molti, Team Cherry ha deciso di prendersi il suo tempo per realizzare un’opera di cui andassero davvero fieri, a quanto pare divertendosi anche parecchio nel farlo.
La spiacevole conseguenza di questa scelta è stata un’attesa di ben 6 anni, snervante per parecchi, ma che ha anche fatto nascere una vera e propria sottocultura meme nel subreddit dedicato al gioco.
Ma finalmente, con l’uscita annunciata appena due settimane prima che ha scatenato numerosi rinvii di altri giochi indie, Silksong è stato rilasciato il 4 settembre 2025.
Ovviamente avrei voluto giocarci immediatamente, ma la screanzata decisione di non permettere il pre-ordine e pre-load del gioco ha fatto sì che tutti gli store online sono stati presi d’assalto e hanno ceduto in poco tempo.
La congestione si è risolta solo ore dopo, e quindi ho iniziato a giocare solo verso le 19.
Gli eventi intorno all’uscita del gioco sono un chiaro indice della sua natura unica e dell’hype che lo circondava.
Entriamo ora nel merito, partendo dalle primissime impressioni che mi hanno colpito dopo pochissime ore di gioco. Un aspetto che è migliorato, superando il già notevole titolo precedente, è l’immersione che si percepisce esplorando l’ambiente circostante Sebbene fosse già possibile interagire con vari props già in Hollow Knight, generalmente rompendoli o strappandoli, in Silksong c’è stata una percepibile evoluzione. Non solo il numero e la varietà degli oggetti che rispondono alle nostre azioni è ancora maggiore, ma il modo in cui reagiscono è ancora più realistico (se questo è il termine corretto in questo contesto) e, soprattutto, appagante. Cartelli che cadono dalle sporgenze, fracassandosi, grani di rosari che rotolano in giro con la stessa movenza dispettosa di una penna che rotola via quasi per non farsi trovare da chi l’ha appena persa, campane e oggetti metallici che tintinnano quando li si colpisce o vi ci cammina sopra; tutto l’ambiente è vivo e vegeto. A questo si unisce una direzione artistica e una realizzazione tecnica che non hanno eguali. Non mi sento di esagerare affermando che, fermandosi ad ammirare una schermata qualsiasi, ci si trovi spesso di fronte a delle vere e proprie opere d’arte.
L’impostazione della progressione è piuttosto atipica per un metroidvania.
Innanzitutto la storia è divisa in atti, e le nostre azioni all’interno di ognuno di questi sono guidate da una quest da portare a termine.
Con un approccio preso da Ori, abbiamo anche la possibilità di intraprendere delle quest secondarie con attività, difficoltà e ricompense variabili, così da arricchire ulteriormente di attività il nostro percorso.
Anche in questo capitolo il mondo di gioco si apre presto a numerosi percorsi alternativi da esplorare che permettono a ciascun giocatore di vivere la propria avventura in un ordine potenzialmente molto diverso da quello di un’altro.
La varietà dei nemici è stata anch’essa incrementata in maniera significativa.
Non solo il numero è esagerato, tutti diversi, con sprite e animazioni curatissime, piccole note di lore e sound effects personalizzati, ma molti di essi hanno un pattern di attacco piuttosto articolato che non sarebbe fuori posto se assegnato ad un miniboss di qualche altro titolo, incluso il primo Hollow Knight.
La stragrande maggioranza dei boss sono uno spettacolo per gli occhi e per le dita, con animazioni fluide e dettagliate, pattern di attacco interessanti e ben bilanciati, e un design che li rende immediatamente riconoscibili e memorabili.
Detto questo, per forza di cose ve ne sono alcuni meno ispirati, vuoi perché più banali o che presentano meccaniche piuttosto frustranti (sto guardando a te, bestia), che tendono a far vedere la sconfitta più legata ad una serie di sfortunati eventi piuttosto che ad un errore del giocatore, elemento essenziale in un gioco che fa del suo alto livello di sfida uno dei suoi vanti.
Inoltre temo che, nell’inseguire l’ispirazione di Dark Souls, Team Cherry abbia anche riportato in auge uno degli aspetti più fastidiosi, soprattutto del primo capitolo: la lunga distanza tra i punti di salvataggio e il punto adibito alla boss fight.
Per la verità, una volta acquisita familiarità con la strada, la velocità di Hornet permette di percorrerla in breve tempo, ma la presenza di nemici lungo il tragitto, pronti a farci iniziare lo scontro con qualche danno di troppo, rende il tutto un più frustrante del dovuto, soprattutto per chi ha già dimostrato di avere qualche difficoltà con il boss in questione, che potrebbe avere l’impressione che i suoi sforzi siano puniti più del dovuto.
In effetti, la difficoltà del titolo è indubbiamente superiore a quella del suo predecessore.
È una scelta che personalmente apprezzo parecchio, in quanto grande estimatore della sfida che il primo capitolo offriva, ma ammetto che potrebbe scoraggiare i novizi o coloro che non hanno troppa pazienza.
Dopo aver superato la parte introduttiva, il mondo che ci circonda diventa immediatamente ostile, brutale e spaventosamente determinato ad ucciderci a tutti i costi, con la forza, si, ma anche con una pericolosa astuzia legati a sotterfugi e trappole non sempre facili da individuare in anticipo.
In Hollow Knight, subire due maschere di danno significava essere stati coinvolti in un’esplosione o essere nel bel mezzo di uno scontro con un nemico enorme o un boss di fine gioco.
In Silksong, invece, gli ostacoli che decurteranno due unità dalla barra della vita sono tanti anche nelle prime ore di gioco, inducendo una sensazione di pericolo costante: bastano infatti 3 colpi in rapida successione, evento non raro, visto la poca invincibilità che si ottiene dopo aver subito un colpo, per vedere esaurirsi le 5 maschere iniziali e trovarsi immediatamente all’ultima panchina visitata.
A cercare di compensare i danni elevati c’è una modifica al sistema di cura, che al costo dell’intero rotolo di seta, cura ben 3 vite in una sola azione.
Ho anche avuto l’impressione che ci siano un po’ più spiragli di cura, anche nei momenti un po’ più concitati, grazie anche alla capacità della protagonista di farlo a mezz’aria.
Nel complesso, si tratta di elementi che contribuiscono a creare un’esperienza più dinamica ma che richiede più maestria per essere apprezzata, soprattutto negli scontri più avanzati.
Normalmente non considererei mai la difficoltà di un titolo come un suo difetto.
Avendo superato, non senza parecchio impegno e dedizione, le sfide più complesse che il primo Hollow Knight propone, sono stato molto contento nel constatare che Silksong non nasconda mai la sua origine da DLC post game, presentando una sfida che si innalza molto presto al livello eguagliando e superando il molti casi le sezioni più ostiche del suo predecessore.
In generale, rispetto molto la scelta autoriale che gli sviluppatori impongono al loro prezioso lavoro, sebbene possa non condividerla.
Se questa include far soffrire il giocatore al fine di regalargli poi una soddisfazione impareggiabile, ben venga, fintanto che la sfida venga percepita come giusta e la vittoria appagante (sto ancora guardando te, bestia).
Per discuterne seriamente ci sarebbe da scomodare la fumosa distinzione fra “difficile” e “punitivo”, dove l’assenza del secondo aspetto banalizzerebbe il primo e soprattutto la soddisfazione che si ottiene nel momento del trionfo, ma un eccesso di zelo diventa presto controproducente e aliena tutti se non coloro che hanno fin troppo tempo e forza di volontà.
Ad un’analisi attenta, credo ci sia una differenza sostanziale fra i due titoli.
La storia principale di Hollow Knight, sebbene sicuramente non facile, non è troppo difficile.
Certo, non è sicuramente un gioco per tutti, ma la curva di apprendimento è sufficientemente gentile, e sono convinto che la maggior parte dei giocatori, con un minimo di pazienza e dedizione, sia in grado di completarlo.
Le vere sfide, quelle che diventano frustranti per molti e impossibili per alcuni, sono spesso nascoste in aree e attività assolutamente opzionali, la cui ricompensa sono spesso strumenti in grado di facilitare leggermente le sfide ancora più ostiche successive, o piccole chicche per gli appassionati.
Nulla che non si possa apprezzare quasi egualmente guardando un video su YouTube.
Per Silksong, invece, ho avuto l’impressione che la difficoltà raggiunga un picco parecchio elevato già nel primo terzo di gioco, pareggiando poi alcune delle sfide più impegnative del primo capitolo.
E tutto questo anche solo per poter dire di aver completato la storia principale.
In più, cercando di mantenermi il più vago possibile, ho scoperto quanto sia fuori scala, estendendosi per circa un terzo del gioco complessivo in termini di contenuto, una parte a tutti gli effetti opzionale del gioco, e che presenta una difficoltà media molto più elevata di quella che temo si possa richiedere a chiunque voglia semplicemente godersi la storia.
E proprio la storia ha, in questa sezione, un culmine meraviglioso, un climax che ho una paura folle non possa essere apprezzato da una grandissima fetta dei giocatori, troppo frustrati dalle continue morti per proseguire.
Si tratta probabilmente il primo caso di cui ho memoria in cui pregherei sinceramente gli sviluppatori di inserire una modalità “facile”, “assistita” o “storia”, qualsiasi strumento interno al software, e che quindi non richieda alcuna mod esterna, per permettere a molta più gente di poter apprezzare il capolavoro che hanno creato.
Anche rendere letteralmente invincibile la protagonista sarebbe un compromesso accettabile al fine di rendere giustizia all’offerta che il gioco presenta, in quanto, in questo caso specifico, un video del gameplay giocato da qualcun altro rischierebbe di banalizzare senza ritegno quella che invece ritengo un’esperienza fra le più memorabili ed emozionanti della mia vita.
Infatti, sebbene possa apparire derivativa (ed in parte lo è, vedi Dark Souls e similari), la narrazione in questo titolo è riuscita a sorprendermi ancora di più di quanto non avesse già fatto il primo capitolo.
Non impersoniamo più un personaggio muto, che ci costringe a limitare le nostre considerazioni alle azioni e dialoghi degli NPC che ci circondano, ma una protagonista a tutto tondo, con una personalità ben definita, che interagisce con il mondo e i suoi abitanti in maniera più diretta, con una spavalderia e un fare cavalleresco che in tantissimi altri contesti mi avrebbe fatto storcere il naso a causa della sua usuale stereotipizzazione, ma che invece è stato gestito con grande maestria.
Merito anche di tutti i modi in cui la protagonista ci comunica il suo stato d’animo e le sue intenzioni, che sia attraverso i dialoghi, qualche commento sul bestiario o la sua backstory che viene piano a piano approfondita.
Mi sono davvero affezionato a Hornet e a tutti gli altri insetti incontrati lungo il cammino.
Mi sono trovato più volte a girare per sezioni del mondo già visitate, conscio che non ci fosse nulla di nuovo da scoprire, solo per il piacere di rivedere certi personaggi e essere partecipe delle loro reazioni ai cambiamenti in atto, assicurarmi che stessero bene in un mondo che sprofonda sempre di più verso il baratro, e dispiacermi di cuore, trattenendo una di quelle tanto virili lacrime, scoprendo che qualcuno di loro avesse fatto una brutta fine.
Una sensazione di sincero attaccamento che non ho provato con tanti altri giochi chiaramente più improntati all’aspetto narrativo, che nasce spontaneamente dalle tante interazioni, sempre ben caratterizzate, con tutti coloro che incontriamo.
In breve:
Hollow Knight: Silksong è un capolavoro sotto ogni punto di vista. La sua direzione artistica, la realizzazione tecnica, il combat-system e la narrazione sono a dir poco eccezionali. La difficoltà è senza dubbio elevata, ma con un po’ di pazienza, esplorando e ottenendo gli strumenti giusti, è possibile superare anche le sfide più ardue, ottenendo in cambio una soddisfazione impareggiabile. Sebbene ciò non lo rende comunque un titolo che consiglierei ad occhi chiusi a tutti, pena il provocare frustrazione e un astio assolutamente non meritati, chiunque abbia apprezzato il primo capitolo, avvia voglia di una sfida impegnativa o semplicemente apprezza l’arte, dovrebbe dargli almeno una possibilità.
Pro:
- Direzione artistica e realizzazione tecnica a dir poco eccezionali
- Colonna sonora, perlopiù ambientale, fenomenale
- Combat-system ben strutturato, semplice da comprendere, difficile da far proprio e con tante opzioni di personalizzazione
- Narrazione ben costruita e coinvolgente, con personaggi memorabili
- Mondo di gioco ricco di dettagli, lore e segreti da scoprire, con un po’ di fanservice che non guasta
- Quantità di contenuti impressionante distribuiti saggiamente in tutte le aree di gioco
Contro:
- Il dover ammettere che non si tratti di un titolo per tutti mi rode tantissimo
Diario di gioco (SPOILERS)
Prima morte
Coso sputa veleno nella zona a sinistra della prima città. Probabilmente non dovevo andare lì. Ma ovviamente poi sono tornato e l’ho battuto.
Boss
- Moss mother: 0 Morti
- Secondo boss: 0 Morti
- Vermicello per il trasporto rapido: 0 Morti
- Formica grossa rossa: 2 Morti prima del dash, 0 dopo
- Scontro con Sharla: 0 Morti
- Lace: 0 Morti
- Forth chorus: 0 Morti
- Assalto degli uccelli: 2 Morti
- Splinter sister: 1 Morte
- Widow: 7 morti
- Savage beastfly: 8 morti
- Grosso coso teschio: 1 Morte
- Last Judge: 15 Morti
- Dancing Cogs: 1 Morte
- Flavio: 9 Morti
- Germano Moscone (Savage beastfly 2): 16 Morti
- Mob prima dell conduttore: 19 Morti
- Moonuccello: 6 Morti
- Lace 2: 13 Morti
- Mother silk: 10 Morti
- Cuoco pazzo infognato: 8 Morti
- Mob delle fogne: 6 Morti
- First sinner: 3 Morti
Tutti gli altri boss, soprattutto dopo l’atto 3, hanno richiesto ben più tentativi, ma non ho tenuto il conto preciso.
Note sparse
- Aspetta, devo scontrarmi con Shakra? Oh no, mi dà una mano!
- W per la BellBeast, M per la BeastFly
- Sono il tool master.
- Siamo a Bikini Bottom?
- Non sto piangendo, mi è entrata della seta nell’occhio.
- Cosa vuol dire che far scattare la trappola non è il true ending? Mi sa che abbiamo cagato troppo fuori dal puzzo…
- No, cavallino schiacciato :(
- Toglietemi questa crest di dosso!!
- Ah, certo, mi è chiaro, le lumache erano dietro a tutto questo.
- Maledette pulci pucciose e i loro minigiochi pazzi.
- Posso dare un abbraccio a Hornet? A Shakra? A Sherma? Per favore…