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Debolezze messe a nudo

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Per trovare i punti deboli anche dove sembrava non ce ne fossero, il metodo più affidabile è quello di uno stress test.

La modestia non è un termine che ritengo adatto a descrivermi. Anzi, immagino che spesso possa risultare un po’ arrogante e testardo, soprattutto quando voglio fare le cose di testa mia mio a tutti i costi.
Però è vero che mi sforzo sinceramente di avere un’immagine di me stesso quanto più realistica possibile, pregi e difetti inclusi.
Questi ultimi mesi in particolare sono riusciti a mettere a nudo alcune debolezze che non sapevo di avere, e che mi hanno fatto capire che non sono così inscalfibile come pensavo.

La prima è l’arroganza di essere il migliore.
È innegabile che in molti dei campi in cui mi impegno tendo a cavarmela piuttosto bene. Vedermi soppiantato da qualcuno che mi supera in tutti gli aspetti che contano fa nascere in me un inatteso e malsano senso di competizione, anche quando non ho motivo di sfidare nessuno.
È più come se mi volessi sentir dire che io sono ancora “the man”, anche quando è chiaro che non è più così.
Non pensavo di essere così soggetto ai giudizi altrui, ma mi rendo conto che ci sono alcuni ambiti in cui la mia sicurezza in me stesso vacilla se non ricevo un feedback positivo.

Poi c’è il desiderio di vendetta. Riuscire a perdonare non è una cosa che mi venga banale. È davvero difficile che qualcuno riesca a compiere un’azione che abbia un effetto negativo su di me.
Però, se sciaguratamente ciò avviene, non riesco a dimenticare facilmente.
Per quanto provi a far passare tutto in secondo piano, rimane sempre una voglia latente di vedere il karma fare il suo corso, anche con la consapevolezza che nulla cambierebbe.
L’odio è il sentimento che più di ogni altro mi disturba e che vorrei davvero evitare a tutti i costi.

L’altro problema è la paura di aver sempre meno tempo e meno occasioni. Paura che va a braccetto con la mia profonda apatia rispetto a tutto quello che mi circonda.
Non penso di avere davvero un obiettivo, qualcosa che voglia fare a tutti i costi.
Mi piace programmare, lo studio, le sfide, i videogiochi, gli amici di una vita, ma in realtà una cosa vale l’altra.
Non ho nulla per cui sacrificherei tutto il resto pur di raggiungere quell’obiettivo. E tutto mi viene presto a noia, ho bisogno dei miei spazi, di variare, di non sentirmi in gabbia.

Per non parlare delle mie skill sociali.
Continuo a non capire come mai, con gente che non conosco già da anni, il mio approccio sia formale e freddo, che rende più complicato il nascere di un rapporto di amicizia fra pari o, sparandola grossa, qualcosa di più.
È come un mio istinto naturale, e forse l’unica attenuante che riesco a trovare è il fatto che ormai, quelli che potrei considerare della mia cerchia, sono già amici o spariti da tempo.
Approcciare gruppi diversi sembra essere una sfida impossibile.

A volte mi chiedo se è la mia forma mentis a precludermi la felicità. Ad onor del vero, mi definirei una persona generalmente felice. Ma la mia felicità è più del tipo “le cose mi vanno bene”, non “evviva, festeggiamo”. Descrizione che ben si addice anche alla mia situazione in generale.

Alla fine di questi cinque anni, penso di essere cresciuto molto. Sono anche più conscio delle mie mancanza, ma ho sviluppato ben poche contromisure.