Vai al contenuto

Addio e grazie per tutta la verdura

Pubblicato:

C’era una volta un tizio pazzo sgravato. In realtà non era proprio pazzo, forse solo un po’ sgravato, ma nemmeno troppo. Il giusto, insomma.
Sicuramente era un mucrazzo.
Questo tizio aveva anche un nome (più di uno, a seconda a chi chiedete), ma non tutti lo conoscevano. Solo le persone a cui lo diceva, o che lo avevano sentito da altri.
Insomma, questo tizio viveva. Era bravo in questo, l’aveva fatto per tutta la sua vita ed era ciò che gli riusciva meglio.
Certo, non era il migliore. C’erano comunque tante cose che non sapeva fare, e tante mancanze che non riusciva a colmare. Ma tutto sommato gli riusciva bene.
Nel corso della sua esperienza da vivente aveva scoperto come ottimizzare tutto. Come sicuramente saprete, il punto ottimo della regione ammissibile di un problema di programmazione lineare è sempre posizionato su uno dei vertici di tale regione. Non c’è da stupirsi, quindi, se per tutta la sua vita aveva provato a raggiungere il vertice, con risultati variabili. Al punto che raggiungere il vertice iniziava ad sembrargli un’impresa piuttosto inutile, e forse lo era davvero.

Un bel giorno questo tizio, che chiameremo Piritollo, nome di fantasia, si trovava per strada. Proprio in quel momento, con una mossa inaspettata, gli si avvicinò un’apetta, con un ammaliante sorriso al miele di castagno.
”Cosa fai qui tutto solo, Piritollo?”, gli domandò.
”Sono qui di passaggio. Conto di tornare a casa a breve. Però il cibo era molto buono, sebbene fin troppo costoso per i miei gusti” le rispose il tizio.
”Facciamo così”, proseguì l’insetto, “accompagnami lungo il tragitto che devo percorrere. Se lo farai, verrai lautamente ricompensato”.
Il tizio, allettato dall’offerta e con pochi motivi validi per rifiutare, accettò la proposta. Come da accordo, i due si incamminarono insieme.

La prima tappa prevedeva di attraversare una foresta infestata.
La luce fioca che passava attraverso le fitte fronde degli alberi permetteva a malapena di intravedere il fogliame che ricopriva il sentiero.
Agli occhi di una persona inesperta come Piritollo, era impossibile individuare la direzione da intraprendere. Tutti i percorsi sembravano allo stesso tempo una via d’uscita ed una trappola mortale.
Incapace di prendere una decisione, il tizio si fece guidare dalla sua accompagnatrice. Avendo parecchia esperienza in quel genere di situazione, non le ci volle molto per uscire dal bosco, tirandosi dietro il proprio compagno di avventure.
A nessuno importava degli occhi che osservano la coppia allontanarsi. Avevano un’espressione impossibile da decifrare: forse di invidia, forse di rabbia, forse di tristezza, forse di bisogno, forse di serenità ritrovata.

I due giunsero poi in un villaggio solare.
Gli abitanti, una lucciole e due cicale simili all’apparenza ma molto diverse, erano accoglienti e allegri, anche se ognuno con i propri interessi ed impegni da portare a termine. Un tipo di cordialità piacevole.
Piritollo era decisamente sollevato. La sua esperienza in passato era oscillata parecchio, andando paesini accoglienti e familiari a città vuote, fredde e desolate.
Cominciando a frequentare quegli ambienti sempre più spesso, non poté fare a meno di iniziare a considerare la possibilità di trasferirsi lì. Consciamente, ma anche inconsciamente, sapeva bene l’idea non era del tutto sua, ma i benefici sembravano nettamente superare le eventuali difficoltà che erano già state calcolate. Beh, forse non proprio tutte, ma quasi.
Ottenuto il benestare dei villici, l’ultimo ostacolo era il guardiano del villaggio. Non avrebbe permesso ad uno straniero di intrufolarsi nella sua oasi così facilmente.
L’apetta, decisa a portare a termine il suo obiettivo, punzecchiò a più non posso l’ostico avversario. Inaspettatamente, la soluzione piovve dal cielo come un fulmine a ciel sereno. Nessuno sa esattamente cosa accadde, o perché. Forse un segno del destino o uno scherzo del fato, ma le costellazioni si allinearono perfettamente proprio in quel momento. Il guardiano, superstizioso com’era, si arrese a quella che riteneva un’evidenza più che sufficiente, e permise di buona lena il soggiorno di Piritollo.

Quello che passarono i nostri protagonisti fu un periodo allegro e spensierato, dedito ai più ameni sollazzi. Tutti sanno bene che la perfezione non esiste, ma quella era proprio una situazione in cui è facile dimenticarlo, anche se il conto si paga sempre. I giorni passavano veloci e le ricompense promesse all’inizio dell’avventura si accumulavano, accatastandosi e arrivando a toccare il cielo.
Certo, gli impegni non mancavano, ma bastava ricordare quale fosse la spinta che lo aveva convinto ad iniziare il viaggio, e di come avesse ottenuto molto più di quanto avesse mai potuto sperare, per riacquistare energie ed andare avanti.
Soprattutto, come avendo a che fare con un chirurgo esperto, per la prima volta nella sua vita sentiva l’opportunità di aprirsi sempre di più, senza il rischio di pericolose infezioni, cosa che man mano fece.
Come dicono i filosofi, o gli ubriachi, o chiunque altro non abbia i tofu sugli occhi, si può affermare che il tizio fosse davvero tanto, tanto felice.
E forse perché la felicità è contagiosa, ma sembrava che tutti in quel villaggio fossero, almeno in parte, coinvolti e complici allo stesso tempo. Questo effetto si manifestava nelle maniere più disparate: a volte erano semplici battute, favori fatti vicendevolmente, mangiate all’aperto o persino cazzi vari.
Tante altre sarebbero le vicissitudini da raccontare, le confidenze da svelare, gli svaghi da descrivere, le lunghe discussioni notturne da riferire, ma basti ciò che si è detto finora.

Quando gli arcobaleni e le nubi di zucchero filato nei barattoli di plastica iniziarono a diradarsi, però, la realtà, nascosta a lungo da un paesaggio fiabesco, per definizione irreale, iniziò a presentare il suo vero aspetto.
C’è da spiegare, per i meno avvezzi di entomologia, che far sì che un’ape sia felice non è facile come fare lo stesso per un gatto con problemi di vista.
Quel magnifico sorriso al miele di castagno, apparentemente in grado di vincere tutto, si sostituì progressivamente con una smorfia di insoddisfazione e velata tristezza nonché, più grave di tutte, solitudine.
In casi come questi, gli arbitri esperti tendono a fare un’analisi quanto più completa, dettagliata e ragionata di tutte le cause, conseguenze e giravolte che hanno portato alla conclusione oramai davanti agli occhi di tutti. Purtroppo tale attività, anche se mossa dalle migliori intenzioni, è spesso vista in cattiva luce. Come in una partita di calcio, a giocare non sono gli arbitri, ma i calciatori in campo. Non sempre la dinamica di un’azione è chiara a qualcuno di esterno, soprattutto senza l’ausilio del VAR.
Per tutti questi motivi, l’autore si asterrà da scendere nei dettagli delle motivazioni. La dimostrazione è lasciata al lettore volenteroso.

Come in ogni storia di fantasia, da questo punto in poi introdurremo tante creature mistiche e con nessun riferimento a persone o eventi realmente accaduti.
Magari tale rapidità nel cambio di scenario potrebbe far storcere il naso ai più distratti. Essere in grado di seguire una storia del genere, con cambi di tono e stile man mano che si prosegue è una capacità presente solo nei più attenti, curiosi o coinvolti.

Ecco quindi che, dalla boscaglia, fanno il loro ingresso delle creature mistiche e rare. Si tratta dei mucri, di cui, se ricordate, anche Piritollo fa parte. Non sono esseri malvagi, al contrario, ma bisogna ammettere che a vederli per la prima volta potrebbero facilmente incutere timore nei meno coraggiosi, e stare al loro fianco può essere al contempo una gioia o un peso, a seconda della propria sensibilità personale. Diciamo che non sono compagni adatti per i deboli di stomaco o di cuore.
Nel bestiario che man mano veniva riempito di capitoli dal buon Piritollo venne annotato prontamente che api e mucri non possono stare nello stesso habitat, con buona pace della strana eccezione da egli stesso rappresentata.
Abbiamo poi l’incontro con gli orsi. Essendo tutti animali civili, tale è stata anche la loro convivenza. Tuttavia, anche in questo caso, un velo di tensione aleggiava nell’aria. Qualcosa di mai riconosciuto apertamente, ma possente come un tuono che rimbomba in una tromba di scale nel pieno della notte, prima di girare le chiavi nella serratura sbagliata (o giusta, a seconda dei punti di vista).
È bene che sappiate che qualche orso è anche dotato della rara abilità di leggere il destino delle altre persone nei fondi di caffè. Quando sceglie di non proferire parola, sta dando la predizione più precisa e tremenda che si possa ricevere. Ma sono ancora di meno le persone in grado di leggere il silenzio.

Nei periodi più bui, la forza, il coraggio e la volontà sono messi alla prova. È proprio una prova di questo tipo, sottoposta dall’ape per necessità più che per malizia, che il povero Piritollo fallì senza mezze misure.
Il risultato di questo esperimento alchemico andato decisamente male fu una chimera di creature, prese da epoche diverse e con le forme e le personalità più disparate.
Tale amalgama, instabile per natura, collassò presto in una forma molto meno mistica, ma altrettanto fuori dal comune: un docile leone. Fu qui che le parti si invertirono: laddove prima il mucrazzo si era sempre mostrato recettivo a nuove esperienze, sebbene talvolta con qualche reticenza, ora l’idea di fare i conti con il suo primo grande fallimento senza avere voce in capitolo lo metteva tremendamente a disagio.
Ad essere instabile non era più la forma della creatura, ma la relazione alchemica sulla quale faceva affidamento per poter rimanere ancorata a questo mondo per lei nuovo.
Quando si maneggia con la chimica, è buona norma utilizzare le protezioni predisposte, perché non si può mai essere sicuri di quando avverrà l’esplosione. E state tranquilli che avverrà, è solo questione di tempo.
Come volevasi dimostrare, eccola, un bagliore che acceca gli occhi e la mente di chi lo osserva, illuminando una interminabile notte insonne da ambo le parti.

Anche se è tardi per rimediare, ci si prova di nuovo.
Ma un masso posizionato in cima ad una discesa scoscesa non ha altro modo che muoversi che non sia verso il basso, spinto dalla forza caratterizzata da un’accelerazione costante dal valore approssimato a 9.81ms29.81 m \cdot s^{-2}.
Sarebbe presuntuoso affermare che nessuno sia in grado di spezzare la caduta del macigno. C’è gente abbastanza forte e motivata in grado di farlo. Ma il mucrazzo, mingherlino com’era, non ne sarebbe mai stato in grado. Quindi si limitò ad osservarlo ruzzolare giù a velocità sempre crescente. In mente aveva un solo dubbio: chissà cosa e con quanta forza distruttiva colpirà alla fine della sua corsa.
Man mano vanno ad accumularsi missive, dettagli, parole, azioni. Tutti gli elementi portano ad un unico risultato, visibile anche a chi sceglie la cecità alla ragione.
Viscido ma sanguigno ed con tanto tatto e pazienza, il serpente fa breccia laddove altre creature non oserebbero nemmeno. Non gliene si può fare una colpa, però. In questo caso l’uscio era spalancato.
I rettili non sono certo malvagi per natura, e questo non faceva eccezione. Anche i più convinti animalisti non possono che accettare che è nella loro natura lanciarsi a capofitto sull’obiettivo qualora si manifestasse l’occasione.
I barbari più duri, rispettati e temuti per le loro abilità in battaglia, tendono a non accettare nulla che non sia conforme al rispetto che si attendono dagli altri. Ma Piritollo non era certo un barbaro.
Al massimo un mucrazzo. E come tale agisce. O non agisce.
Proprio grazie a quest’ultima caratteristica, una stasi può essere mantenuta per un tempo indefinito, cristallizzando tutto l’ambiente circostante in una palla di vetro affascinante ma fittizia.
Serve solo il coraggio o l’evento che la rompa.

Intanto il mondo gira e gira. Continua nel suo movimento cosmico con poca cura dei cambiamenti che avvengono sulla sua superficie.
Gli elfi dei boschi hanno cercato di dare una struttura a questo passaggio del tempo, creando regole matematiche per descriverle e nomi con cui riferirsi ad esse, a cui il mondo, però continua a rimanere ignaro.
Così, poco dopo la conclusione di uno di questi periodi da loro individuati, si conclude anche la nostra storia.
Tante altre cose andrebbero dette e raccontate, dettagli eviscerati, fatti descritti e tramandati, anche solo per memoria storica e insegnamento per il futuro.
Dato che però ciò non è possibile, limitiamoci a parlare dell’epilogo.

Chi è dotato di ali ha la fortuna di poter volare da un posto all’altro con gran velocità. Non c’è nessuna garanzia che il luogo trovato sia migliore del precedente, e bisogna stare sempre attenti a non bagnarsi per poter riprendere il proprio viaggio.
Ma prima o poi, se il fato è clemente, si giunge finalmente in un prato di fiori come mai visti prima. Un luogo paradisiaco, che porta con sè ciò che si è imparato ad apprezzare in passato, e trasforma in punti di forza ciò che prima erano invece punti dolenti.
Si potrebbero fare considerazioni sulla vicinanza ad altri luoghi d’interesse, a quanto disti il supermarket più vicino, la stazione o il bar, ma la verità è che tutto finisce in secondo piano quando si raggiunge il proprio obiettivo.
È nella natura di ogni insetto fare del proprio meglio per riacquistare il proprio splendente sorriso al miele di castagno. Sarebbe tremendo il contrario.

Qualcun altro rimane fermo, là dove era stato lasciato. Ciò che potrebbe sorprendere è che anche le rocce possono essere ferite, se le si colpisce nel punto più vulnerabile. Ques’ultimo ovviamente può assumere molte forme. Un timore piuttosto comune è l’essere utilizzati come fermaporte fino a quando ce n’è bisogno. Del resto, se lo scopo è sempre stato solo quello, qualsiasi pietra svolga il compito va bene, ed è facile trovare un rimpiazzo.
Quando le fondamenta di quanto si è costruito nel tempo si rivelano essere inaffidabili, ci si rende conto di aver perso tempo, energie e attenzioni in qualcosa che è destinato a crollare. Non è certo una sensazione piacevole. Sicuramente, però, si fa di tutto per evitare di continuare ad edificare nello stesso punto. Molto meglio aspettare di trovare qualcosa di valido piuttosto che cercarlo laddove non c’è, probabilmente non c’è mai stato e sicuramente mai ci sarà.

Come ragioni e si affezioni un sasso è un argomento poco studiato e molto divisivo anche fra i più esperti. L’unica certezza è che, salvo spinte telluriche non indifferenti, ogni parola che si percepisce appoggiando il proprio orecchio sulla superficie del minerale è sincera.
La teoria vigente è che, facendo le cose solo per dovere o piacere, si può discernere abbastanza facilmente quale delle due sia la motivazione dietro le azioni di una roccia.
Se poi il piacere è legato ad una situazione o persona, non è tanto facile trovare un sostituto, ma ci si può provare intensamente.

Le cose cambiano intorno al sasso, provocando un’erosione invisibile ad occhio nudo.
I villaggi un tempo così allegri e pieni di vita si svuotano in favore di metropoli accattivanti e distanti. Il ricambio c’è, ma la nostalgia rimane.
La qualche insetto continua imperterrito a fare luce, forse solo perché è nella sua natura, illuminando le giornate un po’ più scure delle altre. Spesso basta un po’ di compagnia, una parola, una condivisione, per ritrovare la via di casa nella propria casa.
Il tempo continua a scorrere. Nuovi orizzonti, prima troppo lontani, si fanno sempre più vicini. I sognatori e gli insoddisfatti hanno lo sguardo fisso su di loro, nella speranza che, al contrario di quanto la fisica e il buon senso ci hanno insegnato, uno di questi si avvini a tal punto da poter essere raggiunto e che, per lo stesso principio che caratterizza le estremità degli arcobaleni, vi si trovi ricchezze al di fuori di ogni immaginazione.
Vi sono leggende di persone che affermano di esserci riuscite, ma pochi ci credono veramente, se non perché non possono fare altrimenti.

È risaputo che il valore di qualcosa lo si scopre davvero solo quando la si perde. Tutta la sua preziosità, bellezza, unicità, lucentezza. Ciò che invece passa in sordina è come, allo stesso tempo, vengono alla luce anche tutti i lati oscuri, le crepe, gli spigoli taglienti. Quello che il grande scultore finisce per incidere è una figura mai esistita in bianco e nero, luci accecanti e ombre profondissime, senza quei grigi che mi piacciono tanto e che rendono tutto più umano e reale.
Tutte le cose non dette, i momenti di orgoglio e fierezza non condivisi, gli incoraggiamenti e le rassicurazioni morte in gola, le occasioni di contatto perse. Questi sono gli scarti della lavorazione che rimarranno ad aleggiare sopra l’opera, contribuendo a darle la sua aura mesta. Magari prima o poi si decideranno ad evaporare.

Ma allora, come finisce questa storia?
Il villaggio è ancora li?
C’è stato un lieto fine?
Piritollo e l’ape che fine hanno fatto?
C’è chi dice che vissero tutti felici e contenti.
La verità è che, se tutto va bene, non posso rispondere. Perché, rispettivamente, non lo so ancora e non ci penso più.